Settimana Europea della Mobilità: Roma Capitale "spinga" la bicicletta in modo definitivo
Tentare di incrementare l’uso della bicicletta in alcune città Italiane si rivela, più che arduo, impresa impossibile e il caso di Roma è emblematico. Un insieme di fattori concorre incessantemente a congelare la Capitale d’Italia in una condizione di città costruita prevalentemente a misura di mezzo motorizzato e il traffico, diventando sempre più ingestibile a causa dell’aumento costante del numero di automobili (a cura di Renato Moro)
Al problema della congestione stradale si sono aggiunte nuove questioni che rendono ancora più difficile la vita del pedone e del ciclista urbano. Un degrado generalizzato dello spazio pubblico rende sempre più cimentoso il percorso; rifiuti abbandonati, dissesto delle superfici stradali, spazi pedonali bordati da una barriera di macchine in sosta quasi impermeabile al passaggio dei pedoni e mal posizionamento degli arredi urbani rappresentano una condizione che rende comprensibile il rifiuto, da parte di molti, della bicicletta come modalità di trasporto valida. Il recente fiorire di studi sulla mobilità sostenibile ha favorito la produzione di una manualistica tecnica sul tema della ciclabilità che ha finito per generare pericolose banalizzazioni; non è raro sentire parlare di mobilità ciclabile utilizzando generalizzazioni povere di contenuti e una concretezza incapace di tenere insieme la complessità. E’ da questo approccio superficiale che nasce un clima di avversione non raro nei confronti di chi decide di spostarsi in bici in città. Il fine ultimo di una pianificazione per lo sviluppo della modalità ciclabile non può essere esclusivamente la realizzazione di una rete di percorsi ciclabili; una città accessibile alle biciclette e al pedone si ottiene armonizzando le varie componenti dello spazio urbano (pedone, bicicletta, mezzo motorizzato) e costruendo un contesto favorevole alle “utenze deboli”.
Ottenere questa condizione di coabitazione è frutto di una serie di azioni (tecniche di moderazione della velocità, percorsi ciclabili, zone 10/20/30, aree pedonali) e di politiche in favore della mobilità dolce:
- sensibilizzazione della cittadinanza a modalità di trasporto sostenibili e alla sicurezza stradale;
- incentivazione nelle scuole all’uso della bicicletta;
- promozione dell’intermodalità;
- battages pubblicitari in favore degli ampi vantaggi legati all’utilizzo della bici.
E’ necessario che la classe dei decisori sia colta e che sia capace di gestire la transizione da un sistema della viabilità plasmato a misura di automobile ad uno che deve accogliere un altro tipo di mobilità: permettere una reale accessibilità alle biciclette in un sistema costruito per escluderle necessita di un team di professionisti capace di guardare al di là di questa contraddizione e che sia in grado di imporre le scelte necessarie. Nell’affrontare la transizione ad un sistema di mobilità più sostenibile non è necessario soffermarsi sul concetto di idoneità: non esistono città adatte o non adatte alla mobilità ciclabile. La possibilità di poter cambiare, anche nella nostra città, riguarda piuttosto una scelta più netta, quella tra bene e male. Non è più possibile restare in attesa delle indecisioni dei poteri pubblici e delle elucubrazioni di una burocrazia sempre più lenta e inefficace la cui risposta più frequente è che cambiare è difficile. Nulla è semplice. La posta in gioco è troppo alta: è adesso il momento di impegnarsi a migliorare la qualità della vita dei cittadini grazie ad uno design dello spazio pubblico più orientato alle persone. Già, le persone: in realtà un buon numero di persone a Roma sarebbero disponibili a spostarsi in bicicletta, e tutti sappiamo bene che solo situazioni climatiche estreme come la pioggia forte e la neve hanno un forte potere dissuasivo; anche il problema delle pendenze, additato come la vera motivazione di una scarsa attrattività della modalità ciclabile nella Capitale, non può rappresentare un elemento condizionante nella scelta del mezzo ecologico. L’elenco dei paesi che, nonostante forti dislivelli, hanno ottenuto alti tassi d’uso della bici, è nutrito; a Berna, il 23% della popolazione decide di andare al lavoro e a scuola in bicicletta nonostante le pendenze superino il 7%; a Basilea, città costruita sui bordi di un’ansa del Reno e certamente non una città di pianura, la ripartizione modale degli spostamenti in bicicletta supera il 15%; stupisce addirittura sapere che in un paese con forti pendenze come la Norvegia, la percentuale di spostamenti in bicicletta supera il 5% e, nella città di Trondheim, dove il tasso arriva all’8%, si sono organizzati allestendo, primi al mondo, un “scala mobile” per biciclette. E’ sacrosanto che Roma, così come altre molte città, non sia adatta alla mobilità ciclabile: ma non a causa delle pendenze, invocate da tanti come il maggior deterrente all’uso del mezzo ecologico. La vera ragione è una progettazione che, negli ultimi cinquant’anni, ha favorito esclusivamente l’automobile, “uccidendo”, di fatto, qualsiasi altra modalità di spostamento compreso il trasporto pubblico.