Mare-nuvole

Roma capitale delle piccole zone umide. Il 2 febbraio Giornata Internazionale

Uno dei fossi dell'Agro romano
Indetta nel 1997, la “Giornata mondiale delle zone umide” 2019 che si celebra il 2 febbraio avrà come filo conduttore un tema molto sentito in questi anni: “Zone umide e mutamenti climatici”. Il WWF Roma e Area Metropolitana prosegue il censimento di queste aree nella Capitale nell’ambito della campagna “One Million Ponds” (un milione di stagni). È stata indetta nel lontano 1997 la “Giornata mondiale delle zone umide” nella data del 2 febbraio e che in questo 2019 avrà come filo conduttore un tema globale e molto sentito in questi anni ossia “Zone umide e mutamenti climatici”. Le aree umide, anche all’interno delle grandi città, oltre ad essere aree di alto valore per la biodiversità, assicurano anche servizi ecosistemici tra cui proprio la mitigazione del clima. Sono infatti in grado di aiutare nella prevenzione di alluvioni agendo come serbatoi di raccolta e di rilascio graduale delle acque, proteggono dall'intrusione delle mareggiate, migliorano la qualità dell'aria mantenendo il clima umido e fresco, favoriscono la presenza di vegetazione, depurano le acque e trattengono anidride carbonica. Inoltre promuovono il benessere delle persone come spazi per il tempo libero e luogo di sensibilizzazione ad una vita in armonia con la natura.
 
Area umida della Cervelletta - foto A. Fiorillo
Il WWF Italia nello scorso anno ha lanciato la campagna “One Million Ponds” (un milione di stagni) alla quale il WWF Roma e Area Metropolitana ha aderito attivando un percorso di mobilitazione di volontari mirato alla localizzazione e al paziente censimento di queste aree, anche e soprattutto quelle di recente formazione. Sono da intendersi aree umide in generale stagni, paludi, torbiere, bacini naturali e artificiali con acqua stagnante, lagune: queste sono alcune delle principali tipologie definite dalla Convenzione di Ramsar (Iran) stipulata il 2 febbraio 1971. Il WWF Roma e Area Metropolitana ha effettuato numerosi sopralluoghi, ad esempio presso il Parco di Mistica (area verde compresa all'interno del Comprensorio storico-archeologico del Fosso di Tor Tre Teste, di Mistica e di Casa Calda), un lembo intatto di agro romano attraversato dai resti dell’Acquedotto Alessandrino. Oppure al cosiddetto Drizzagno di Spinaceto, un sistema di pozze situate tra il fiume Tevere e il Grande raccordo anulare, nel vecchio alveo del fiume.
 
Il Laghetto al Parco della Mistica - foto A. Fiorillo
E poi sono stati oggetto di indagini anche i piccoli laghi romani come il lago Ex-snia a Largo Preneste o quello della Cervelletta, così come quelli delle ville storiche di Villa Pamphili e Villa Ada. Visitato più volte lungo il suo corso il Fiume Almone (il terzo fiume di Roma che attraversa nella sua parte finale il Parco Regionale dell’Appia Antica) così come i fossi dell’Agro Romano (o quel che resta degli alvei naturali), ad esempio il Fosso di Tor Carbone o quello della Cecchignola. In totale, al termine del primo anno di lavoro il WWF Roma e Area Metropolitana ha potuto scattare una sorta di istantanea del territorio individuando circa 50 aree umide minori, di origine antropica, che si sono formate a seguito di lavori in cantieri edilizi, in aree di estrazione o cave ormai abbandonate, oppure progettate ai fini della conservazione della natura in parchi e riserve.
 
Il Lago all'interno di Villa Pamphili - foto C. Budoni
Tali aree presentano margini spesso irregolari e sponde ripide e sono state presto colonizzate dalle specie tipiche della vegetazione ripariale quali lisca maggiore, cannuccia di palude, giunco, salice, pioppo nero, pioppo bianco. Per avere informazioni su questa attività e per partecipare si può scrivere a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. "La Natura in Città, è una scoperta quotidiana – dichiara Raniero Maggini Presidente del WWF Roma e Area Metropolitana - la sorpresa della meraviglia accanto a noi, la ricchezza della vita che spesso ignoriamo e che sicuramente non gode del giusto riconoscimento che le dovremmo tributare. Anche nei luoghi a noi più cari, quelli nei quali abitualmente passeggiamo, corriamo o passiamo qualche ora di relax possiamo fare conquiste di conoscenza sbalorditive che nelle nostre uscite vi proponiamo di osservare ed ascoltare con rinnovata curiosità."
 
Il Lago di Roma Est - foto A. Fiorillo
ROMA CAPITALE - IL DOSSIER
La Capitale, grazie alla sua conformazione geologica, favorisce lo sviluppo di aree potenzialmente allagate: ciò è particolarmente vero nelle aree limitrofe alla valle del Tevere, o in quelle in cui i numerosi depositi di limo ed argilla possono agevolare il ristagno di acqua in superficie, dando così origine a pozze d'acqua più o meno temporanee o a prati allagati.
In estrema sintesi si possono schematizzare quattro differenti tipologie di aree umide/ambienti igrofili, presenti nel territorio dell'area metropolitana di Roma:
• I tre grandi fiumi “storici” (Tevere, Aniene, Almone),
• Il reticolo idrografico secondario (fossi e marrane, ancora con vincolo paesistico)
• il reticolo idrografico minore (fossi e marrane, privi di vincolo paesistico)
• Gli stagni e i piccoli laghi naturali e/o artificiali (zone umide, allagate perennemente)
Le azioni da intraprendere in merito alla tutela di questi habitat sono differenti, e se le prime due tipologie hanno un qualche tipo di protezione derivante dalla normativa (cod. Urbani, ), le seconde due sono molto più vulnerabili e a rischio di trasformazione urbanistica e distruzione (casi esemplari sono il tombamento e alterazione della morfologia di fondovalle per i fossi di Tor Carbone e Tre Fontane, in zona Roma sud, o la Cava Covalca sulla Laurentina).
 
Zona umida della Caffarella nel Parco Regionale dell'Appia Antica - foto C. Budoni
I tre grandi fiumi presentano problematiche simili, dovute in gran parte all'estensione del loro bacino idrografico e dimensione: un primo problema è relativo alla qualità delle acque, che ancora risente di scarichi non a norma, dovuto alla profonda trasformazione urbanistica che ha investito l'agro romano negli ultimi 50 anni; in seconda istanza la presenza di micro discariche sulle sponde, dovute ad accampamenti spontanei non regolari o sversamenti frutto di attività illecite, che contribuiscono a generare una percezione negativa di aree con valenza ambientale invece rilevante. Sotto il profilo ecologico, il valore dei grossi fiumi è dato dalle numerose opportunità e differenti ambienti che si vengono a creare, in costante evoluzione. Inoltre, in ambito urbano, i fiumi sono spesso l'unico frammento di territorio con valenza ambientale che è stato risparmiato dall'attività edilizia, ponendosi come aree di continuità ecologica lineare, corridoi funzionali allo spostamento di numerose specie animali (vertebrati e non) e dispersione di specie vegetali.
Il reticolo secondario presenta caratteristiche analoghe (per tipologia di habitat) ai fiumi già descritti, e confluisce quasi sempre nelle aste fluviali maggiori (Tevere). Sono spesso siti di riproduzione per specie di fauna minore (uccelli, anfibi e pesci); la loro gestione è affidata ai Consorzi di bonifica, che attuando ancora periodiche azioni di devegetazione delle sponde, contribuiscono al loro degrado ecologico. Come i fiumi principali, spesso attraversano le aree urbanizzate e risultano essere gli unici elementi con un certo grado di naturalità, funzionali allo spostamento e alla dispersione di numerose specie.
Il reticolo secondario minore è uno di quei target su cui porre notevole attenzione: si tratta di affluenti minori dei fossi descritti in precedenza, spesso senza alcun livello di tutela ambientale, ma che, grazie alla presenza di sorgenti locali, non ha problematiche rilevanti (quali inquinamento chimico o di acque reflue). Questa tipologia di corpi idrici può ospitare numerose specie legate all'acqua (invertebrati e non), conservando popolazioni relittuali di interesse conservazionistico. Un'opera di conoscenza, mappatura e monitoraggio di tali elementi può incidere sulla pianificazione anche a livello urbanistico.
Gli stagni e i piccoli laghi naturali e/o artificiali: numerosi cantieri abbandonati presenti nella città hanno intercettato la falda superficiale, al punto che su di essi sono sorti ecosistemi palustri; ambienti del genere sono una diversificazione dell'ambito dell'ecosistema urbano, ponendosi come elementi qualificanti la rete ecologica cittadina: tali aree possono essere considerate a livello locale come potenziali “stepping stones”, ovvero pietre da guado, per numerose specie di avifauna, batracofauna ed erpetofauna, che altrimenti non potrebbero sopravvivere nell'ambiente urbanizzato. Ad oggi manca un elenco completo di questa tipologia di zone umide, che rischia di essere cancellata in caso di ripresa delle attività di trasformazione urbana. Una categoria minore di questa tipologia, potrebbe essere quella dei fontanili della campagna romana, una volta diffusissimi, che potrebbero ad esempio essere utili alla riproduzione di specie di anfibi.
 
Laghetto del Parco degli Acquedotti
La fauna che possiamo trovare è decisamente diversificata e anche poco comune: a titolo del tutto esemplificativo, si possono elencare le popolazioni relittuali di granchio di fiume presenti presso i cunicoli romani del Foro o nei fossi in alcune aree protette come il Parco Regionale dell'Appia Antica o la Riserva Naturale Regionale Laurentino Acqua Acetosa, le popolazioni di tritone crestato e tritone punteggiato delle pozze temporanee della Riserva Naturale Regionale di Decima Malafede o di quella della Tenuta dei Massimi, le popolazioni di rospo smeraldino o raganella rinvenute presso gli Ex Mercati Generali o (caso limite) presso alcune piscine all'aperto sulla Statale Pontina, altezza Spinaceto.
Sono numerose le specie di anfibi e rettili che si rinvengono, distribuite anche a distanze molto significative, come sono decisamente numerose ed interessanti le popolazioni relittuali di specie di pesci (ghiozzo di ruscello, spinarello, rovella), che ancora persistono in tratti di fosso non alterati da devegetazioni o lavori di manomissione degli alvei, la salvaguardia del patrimonio genetico delle quali dovrebbe essere prioritaria, al fine di contrastare la progressiva invasione di specie aliene e ecotipi non locali.
In ultima analisi, l'avifauna legata alle zone umide, mostra decine di specie che quotidianamente utilizzano questi ecosistemi per vari scopi: riproduttivo, come risorsa trofica, come rifugio. Un esempio rappresentativo è costituito dagli ardeidi, airone bianco maggiore, cenerino, garzetta e dall’airone guardiabuoi, diffusissimo soprattutto dove ancora presente l’allevamento delle pecore.