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Biodiversità, Aree protette, Plastica, Clima: anche dopo il 2018 Pianeta in bilico

Biodiversità,, Aree protette, Plastica, Clima

Il 2018 appena trascorso ha lasciato ancora un contesto naturalistico internazionale che continua ad essere ancora estremamente negativo come già evidenziato dal Living Planet Report pubblicato alla fine di ottobre.

Biodiversità
Analizzando i dati dal 1970 al 2014 il Reposrt ha mostrato un declino globale del 60% nella dimensione dei vertebrati, il 2018 ha alternato buone e cattive notizie per le specie e gli habitat più a rischio. Per il gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei) per la prima volta dopo decenni arriva una buona notizia con una popolazione che è riuscita finalmente a superare i 1.000 individui (10 anni fa erano 680 gli esemplari censiti).

Gorilla - foto di © Kim Griffin

Un segnale di speranza arriva anche dalla tigre (Panthera tigris), la cui popolazione, grazie a continue politiche di conservazione mostra per la prima volta nell’ultimo secolo un trend positivi e che è passata dai 3.200 esemplari stimati nel 2010 ai 3890 attuali e, in Nepal, si è quasi vicino al raddoppio della popolazione.

Tigre con popolazione in aumento

Per la popolazione del leone africano (Panthera leo) continua un drammatico declino (in un secolo si è passati dai 200.000 individui ai 20.000 stimati oggi). Nella classifica delle specie più a rischio anche nel 2018 continua ad esserci l’elefante di foresta (Loxodonta cyclotis) che dal 2002 ad oggi ha subito un declino stimato della popolazione di circa il 70%. Per la tutela degli elefanti, nel 2018, una buona notizia è arrivata dall’entrata in vigore del bando al commercio di avorio domestico in Cina mentre Regno Unito e Paesi Bassi hanno già votato misure simili. L’orso polare (Thalassarctos maritimus) continua ad essere una delle specie più a rischio a causa dei cambiamenti climatici in atto che anche quest’anno hanno pesantemente intaccato il suo habitat. I modelli degli scienziati stimano che nei prossimi 35 anni rischiamo di perdere il 30% della popolazione di orso polare a causa dello scioglimento dei ghiacciai.

L'Orso polare invece è una specie a serio rischio

Proprio sul finire del 2018, invece, è arrivata una buona notizia per la balenottera comune (Balaenoptera physalus) che ha registrato un aumento della popolazione tale da spingere la IUCN a diminuire la categoria di minaccia a ‘vulnerabile’.
Aree Protette
A livello internazionale sono arrivate buone notizie sono per le aree protette. Il Parco Nazionale Serranía de Chiribiquete in Colombia è diventato il più grande parco tropicale della foresta pluviale del pianeta.

Parco Nazionale Serranía de Chiribiquete in Colombia

Il WWF ha, inoltre, lavorato con organizzazioni Inuit nell’Artico orientale per garantire un'area di conservazione marina di 11 milioni di ettari: una sfida per salvare quell’area da chi vorrebbe sfruttarla per estrarre petrolio e gas.
Plastica
L’emergenza ambientale che nel 2018 è esplosa in tutta la sua gravità è certamente l’inquinamento da plastica. Come messo in evidenza dal report lanciato dal WWF durante la Giornata mondiale degli oceani le stime più recenti riportano come oggi siano presenti oltre 150 milioni di tonnellate di plastica negli oceani del mondo. Senza un’efficace inversione di rotta, entro il 2025 gli oceani conterranno 1 tonnellata di plastica ogni 3 tonnellate di pesce ed entro il 2050 ci sarà, in peso, più plastica che pesce: la plastica rappresenta il 95% dei rifiuti in mare aperto, sui fondali e sulle spiagge del Mediterraneo, che si sta trasformando in un Mare Plasticum.

Usiamo poca plastica e non disperdiamola nell'ambiente

Nel 2018 il WWF Italia ha lanciato una petizione con la richiesta di 4 azioni urgenti che ha raccolto più di 600.000 firme e ha annunciato la collaborazione con il Jova Beach Party proprio sul tema della riduzione dell’inquinamento della plastica per il mare e le spiagge: uno grandissimo sforzo che non solo ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica ma che punta ad intervenire direttamente sugli stili di vita delle persone raggiunte.
Clima
Per il clima, il 2018 è stato un anno bollente. Non solo perché si è rivelato il più caldo mai registrato in Europa, con ripetuti fenomeni estremi in tutto il continente e persino incendi estivi al circolo polare artico, per spegnere i quali l’Italia ha inviato in aiuto i suoi Canadair. Ma anche perché anche dal punto di vista politico, nonostante i tentativi dell’amministrazione Trump di far cadere il tema dall’agenda politica, il report scientifico dell’IPCC sulla possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, richiesto da tutti i Paesi a Parigi tre anni fa e pubblicato a ottobre, ha riproposto l’estrema urgenza di intensificare esponenzialmente l’azione climatica.

Pinguino Adelia nel suo habitat in pericolo - foto @ naturepl.com Edwin Giesbers WWF

Alla COP 24 di Katowice, in Polonia, il tentativo di fermare l’approvazione delle regole necessarie perché l’Accordo di Parigi entrasse in vigore è fallito, ma i governi non hanno cambiato passo, nonostante gli appelli di scienziati e di un altro interlocutore arrivato per restare: gli adolescenti, coloro che rischiano di subire le peggiori conseguenze del cambiamento del clima, che stanno sempre più mobilitandosi in tutto il mondo. Si stanno mobilitando, anche negli USA, gli attori non statali (città, regioni e stati federati, aziende) che nel settembre 2018 hanno tenuto una grande conferenza in California. L’Europa ha approvato alcuni provvedimenti molto importanti in materia di rinnovabili, efficienza energetica, emissioni degli autoveicoli e furgoni, mercato elettrico: nonostante i target non siano i migliori possibili, sono stati decisamente resi più ambiziosi e coerenti grazie anche al ruolo più incisivo e ambizioso assunto da Spagna e Italia.
I numeri più importanti del cambiamento climatico nel 2018:

• Nel Global Carbon Budget 2018, il più autorevole rapporto scientifico annuale sul ruolo umano nel ciclo del carbonio realizzato dal Global Carbon Project (il programma internazionale di ricerca sull’argomento, nell’ambito della più grande iniziativa mondiale di ricerche sulla sostenibilità globale, Future Earth) si documenta come le emissioni dovute alle attività umane sono ancora cresciute nel 2018, per un secondo anno consecutivo dopo il 2017, dopo tre anni di stabilizzazione della crescita che hanno avuto luogo dal 2014 al 2016. Per il 2018 è prevista la crescita del 2 %, mentre nel 2017 la crescita è stata dell’1.6 %. Le emissioni globali di anidride carbonica nel 2017, dovute all’utilizzo di combustibili fossili e alle attività industriali sono state di 36.2 miliardi di tonnellate e il totale delle emissioni, se aggiungiamo le emissioni dovute alle modificazioni dell’utilizzo del suolo, supera i 41 miliardi di tonnellate, le più alte che si siano avute nella storia umana.

• I dati resi noti nel 2018 sulla concentrazione della presenza di anidride carbonica nell’atmosfera documentano che abbiamo raggiunto il livello di 405 parti per milione di volume (ppm). Tale livello era 403.3 ppm nel 2016 e 400.1 nel 2015. Si tratta del 146% in più rispetto all’epoca preindustriale (prima del 1750). Situazioni simili, stando alle ricerche paleoclimatologiche, si sono avute nel medio Pliocene, 3-5 milioni di anni fa, quando la temperatura era di 2-3° C più alta dell’attuale e il livello del mare era di 10-20 metri più alto di adesso. Anche nel 2018 la concentrazione di anidride carbonica sta continuando a crescere e nell’arco dei vari mesi dell’anno si sono registrate variazioni tra 406 e 409, giungendo anche, in varie occasioni, a 410 ppm.

• Nel 2018, come previsto, l’IPCC ha pubblicato il suo rapporto sul cambiamento globale di 1.5°C in più rispetto all’epoca industriale, il cui messaggio centrale è che già oggi con l’attuale 1°C in più stiamo assistendo a conseguenze significative, soprattutto attraverso fenomeni meteorici estremi e che con 1.5°C e andando oltre, la situazione certamente peggiorerà, sia per quanto riguarda tutti i fenomeni già in atto (come, ad esempio, la fusione dei ghiacci e l’innalzamento del livello dei mari), inoltre gli esperti dell’IPCC confermano che siamo in grado ora di intervenire per evitare che si raggiunga il grado e mezzo in più, agendo da subito con una significativa transizione nel modo con cui gestiamo l’energia, i suoli, l’industria, le costruzioni, i trasporti e le città. Fondamentale è ridurre le emissioni di anidride carbonica del 45% dal livello del 2010 al 2030 e raggiungendo le emissioni zero entro il 2050. Per fare questo bisogna muoversi da subito e con un impegno veramente significativo per decarbonizzare tutte le nostre economie.